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lunedì, Febbraio 17, 2025
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90 anni di circoletti rossi

Rino Tommasi ci lascia soli

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Non riuscivano a stare lontani il gatto e la volpe che pochissimi giorni fa, l’8 gennaio, l’incredibile Rino Tommasi raggiunge l’assoluto Gianni Clerici. Si ritrovano insieme in un pianeta tutto loro, perché anche sulla terra praticavano una professione a parte, gli altri potevano solo ammirare, contemplare, adorare e rispettare quello che si potrebbe definire giornalismo sportivo, ma che in realtà era molto di più. Salvatore, detto Rino, aveva 90 anni ma era lontano dalla scena ormai da una quindicina purtroppo malato di Parkinson, spegnendosi tra l’affetto della moglie e dei due figli. Lascia un vuoto incolmabile in tutti gli appassionati di sport, lui che nato a Verona e tifosissimo del Verona calcio, trova la vocazione più grande nel pugilato e nel tennis. Rino Tommasi aveva iniziato a fare il giornalista nel lontano 1953 occupandosi appunto di Boxe e Tennis per diverse testate nazionali come la Gazzetta dello Sport dove rimase come collaboratore fino agli ultimi anni di attività, Tuttosport ed il Messaggero, e nel 1981 fu il primo direttore dei servizi sportivi di Canale 5. Il grande pubblico iniziò a conoscerlo agli inizi degli anni 90 quando su Telepiù (la prima pay tv sportiva) condusse il programma Fair Play, ospitando oltre al suo alter ego Gianni Clerici, Enzo Biagi, Giorgio Bocca, Gian Paolo Ormezzano e Paolo Garimberti. Continuò a seguire gli eventi sportivi di persona fino alla soglia degli 80 anni e nella sua carriera seguì come inviato la bellezza di 11 Olimpiadi in tutto il mondo. Per una decina di anni fu organizzatore di incontri di pugilato, l’ultimo nel ’69 tra Nino Benvenuti e Luis Rodriguez, match valevole per il titolo mondiale dei pesi medi, prima di cedere al fascino della televisione che lo vede grande protagonista insieme all’amico Gianni Clerici, ma anche al fianco di altre icone del settore come Roberto Lombardi e Ubaldo Scanagatta.

Da telecronista vanta più di 400 incontri valevoli per il titolo mondiale di boxe, 7 edizioni del Super Bowl della NFL, 149 tornei di tennis del Grande Slam, ed innumerevoli trasferte americane. Incredibile analista, è stato il precursore della statistica, Clerici nelle innumerevoli telecronache di Tennis scherzava sempre chiamandolo “computeRino”, e tutto questo grazie al suo “personalissimo cartellino” come a volte adorava fraseggiare. Fra i molteplici riconoscimenti ricevuti, spicca quello dell’Atp che lo nomina miglior cronista di tennis al mondo, e nel 2012 il CIO lo premia per le sue partecipazioni alle Olimpiadi. Rimarranno per sempre impresse la sua preparazione, la sua oggettività, la professionalità e la simpatia che accompagnavano ogni evento sportivo che raccontava. Non si tratta di essere nostalgici, si tratta di analizzare un’icona che rimarrà impressa nel mondo del giornalismo sportivo, di raccontare un Maestro a chi non ha avuto la fortuna di assistere alle sue telecronache e beneficiare della sua competenza, e infine di far comprendere uno stile unico ed inconfondibile. In realtà conosceva lo sport come nessuno e ne era innamorato come testimoniano un paio delle tante celebri frasi che sono già scolpite nella pietra: “Io e Gianni commentiamo le partite come due amici che si ritrovano davanti alla tv. Ci pagano per svolgere un lavoro per il quale pagheremmo noi”, ed infine “Non ho paura di morire. Ho solo paura che quell’anno, da morto, non saprò chi ha vinto Wimbledon”.

Ecco, con queste ultime due frasi mi piace pensare che se ne sia voluto andare giusto in tempo per vedere insieme a Gianni Clerici l’inizio dell’Australian Open e commentarlo insieme, da soli. Si chiude dunque un capitolo gigante fatto di conoscenza, costruito sul sapere e incline alla perfezione. Grazie per i tuoi circoletti rossi Maestro, ne abbiamo goduto tanto.